Il mio luogo dell’ozio. Facilissimo – mi sono detto – ce ne sono tanti di luoghi da Airolo a Chiasso o altrove, dove mi piace stare e dove trovo pace. Luoghi situati perlopiù in montagne e valli, accessibili solo con almeno un paio d’ore di cammino oppure frequentati in momenti impossibili dove i più preferiscono stare a casa. Luoghi come la Greina, situata a oltre 2200m, l’Alpe Spluga nella valle di Giumaglio a 1700m, il giardino di casa mia a 300m o le Gole delle Breggia soprattutto in vesti invernali, situate a 200m di altitudine. Luoghi isolati dove star soli e contemplare la natura circostante, luoghi senza traffico, luoghi senza tempo, luoghi dove lasciarsi accarezzare dal sole o dal vento e pensare a mille cose. Luoghi dove ci si sente bene. Lì spesso nascono progetti interessanti da idee improvvise che, rielaborate nelle mia mente, si trasformano prendendo forma e danno spunto a nuovi itinerari da percorrere, a nuove attività da svolgere, a nuovi materiali da produrre.
Già, ma allora è lecito chiedersi se sono veramente luoghi dell’ozio? Sono piuttosto luoghi della meditazione. Quindi riflettiamo bene… il mio luogo dell’ozio… già… perché non ci ho pensato subito: la vasca da bagno! Lì sì che posso oziare, disteso nell’acqua tiepida con le insistenti bollicine che massaggiano la mia schiena stanca e le gambe distrutte da giornate passate a camminare per le montagne o semplicemente il mio corpo floscio, stufo di stare seduto e affrontare riunioni e discussioni per ore e ore. Riflettere a quanto fatto: le persone nuove conosciute, i bei momenti passati insieme e le buone cose gustate, insomma sognare ad occhi aperti. Se poi ci si mette anche il sonno gli occhi si chiudono e buona notte. Il profumo emanato dalle essenze di menta e pino cembro, la luce soffusa di una candela e un bel disco gospel del grande Elvis completano il quadro idillico: eccolo il mio luogo dell’ozio. Almeno questo credevo fin quando non odo grida e schiamazzi di gioia, una serie di passi frettolosi e la porta che si spalanca con un sonoro “ciao papi!” altro che pace e tranquillità.
Addio ozio mio! Per un momento però ci ho creduto, ora inizio a dubitare: ho un luogo dell’ozio tutto mio? Ma certo che ce l’ho, basta viaggiare con la fantasia: con l’aiuto di un bel film o, meglio ancora, di un buon libro. Basta immergersi nella storia e farsi prendere dagli avvenimenti del racconto e dagli avvicendamenti dei personaggi. Ho letto “Cell” un capolavoro di Stephen King – chi l’ha letto farà un uso parsimonioso del cellulare – il mio autore preferito quando voglio oziare che riesce ogni volta a farmi dimenticare il mondo che mi circonda. Un’immersione piacevole, senza impegno che mi permette di staccare qualche momento, ma con i ritmi odierni è difficile giustificare dei distacchi maggiori per cui spesso un libro mi dura per mesi… che strazio, altro che ozio.
Forse non so cosa significhi oziare, ma oziare per davvero! Se così fosse, sarebbe allora inutile cercare il mio luogo dell’ozio… Pensavo fosse un luogo reale, quel luogo che permette di staccarsi dalla realtà, stare per sé e non pensare a niente se non a quello che succede attorno stando nella più totale inerzia. Probabilmente non è così, il significato di ozio sarà un altro. Forse l’ozio non ha un luogo, forse è una ricetta che si può far propria ovunque. Ecco allora alcuni ingredienti per riuscire questa ricetta, i miei. Il lavoro va rispettato, ma non ne dobbiamo essere schiavi: io lavoro per vivere, non vivo per lavorare. “Non c’è bisogno di lavorare così tanto, in questo modo, con questi ritmi, per questi risultati. Non è vero che il mondo crollerebbe se domani tutti andassimo a fare una bella passeggiata, o meglio ancora, non ci alzassimo per niente!” Così scrive Baker condannando il lavoro. I soldi sono necessari per vivere, ma non ne occorrono poi sempre di più perché lo sappiamo tutti che i soldi non danno la felicità. La fuga dalle certezze e dal nostro modo di vivere quotidiano, fuga che ci permette di “riscoprire quanto sono piene le nostre mani, i nostri occhi, il nostro cuore, di cose straordinarie…”. La lentezza permette di fare meno cose, certo, ma con l’attenzione ai dettagli, ai particolari, permette di farle meglio! Il lento sa che non c’è un immediato rendiconto nei suoi rapporti umani, ma che qualcosa di nuovo, di arricchente e di inatteso prima o poi ci sarà. Il tempo è una brutta bestia per taluni, “quelli che dicono che non ce n’è abbastanza in una giornata per fare tutto quello che c’è da fare. Non abbastanza tempo? Ma di che cosa è fatta una giornata se non di tempo? Di tutto il tempo?” Il dolce far niente una volta era istituzionalizzato, ancora oggi in certe località del sud la siesta del dopo pranzo è un momento sacro della giornata. Da noi ormai l’orario continuato, o una pausa panino, è ordinaria amministrazione. Pochi sono quelli che veramente hanno una pausa pranzo e che se la sanno godere!
Questo è il mio ozio: un piatto da gustare lungo tutta la giornata, in piccole porzioni, qua e là che permettono di godere della vita in qualsiasi luogo. La consapevolezza dell’importanza di lavoro, soldi, fuga, lentezza, tempo e dolce far niente – i miei sei ingredienti di base – combinata con l’abilità di abbinare gusti e sapori, mi permettono di creare un buon ozio.
Cucinare è un arte ed è in cucina che ozio veramente! Sarà questo il mio luogo dell’ozio tanto ricercato?
Testi scritti da altre persone – in occasione del ciclo di conferenze sul tema dell’ozio – nel Giugno 2006 si trovano qui.
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Citazioni tratte da: Christophe Baker, Ozio, lentezza e nostalgia – decalogo mediterraneo per una vita più conviviale, EMI, Bologna, 2001