

Si tratta di una piccola fornace che serviva per la produzione della calce. Nelle “calchère” preindustriali, dette a fuoco alternato come nel nostro caso, il processo di produzione della calce si suddivideva in tre fasi: carico della fornace, calcinazione, estrazione della calce viva.
Il calcare, portato ad altissime temperature per un periodo prolungato, acquisisce una nuova proprietà: a contatto con l’acqua si scioglie formando un impasto facilmente plasmabile, in grado di diventare, una volta secco, nuovamente duro e resistente.
La trasformazione della roccia in calce
I calcari sono rocce sedimentarie costituite in larga prevalenza da carbonato di calcio, sottoforma di calcite. La calce “viva” corrisponde all’ossido CaO e si ottiene per effetto della loro decomposizione termica, a temperature di circa 900/950°, con emissione di biossido di carbonio secondo la reazione: CaCO₃=CaO+CO₂.
La calce “viva”, successivamente trattata con acqua dà origine alla calce “spenta”, cioè l’idrossido CaO + H₂O = Ca(OH)₂
Il prodotto finale è una “pasta” pronta per l’utilizzo nel processo di edificazione.
L’architettura della “calchèra”
È una costruzione in sasso, cilindrica, di pochi metri di diametro e di altezza.
Nella parte bassa vi è un’apertura utilizzata per alimentare il fuoco.
La parte alta può essere completamente aperta (senza tetto) o, in alternativa chiusa con un’ampia apertura laterale, comodamente accessibile, che serviva per caricarvi il materiale da cuocere.

I forni della calce di solito sono collocati in prossimità della cava di roccia calcare che serviva per alimentarli e di un ruscello che serviva per il raffreddamento.
La produzione
La prima operazione da effettuare nel processo produttivo della calce consiste nell’estrazione e nella frantumazione del materiale calcareo.
In seguito questo veniva trasportato al forno che veniva caricato dall’alto, riponendo il materiale calcareo sopra la camera di combustione. Nella parte bassa veniva acceso e alimentato il fuoco.
Il calore prodotto – che raggiungeva una temperatura di 850° – e l’evaporazione dell’umidità del combustibile permettevano di ottenere una rapida calcinazione della pietra. Il materiale calcareo si trasforma in queste condizioni in gas carbonico e in calce viva, quest’ultima veniva poi estratta dal basso.
L’utilizzo
La calce ottenuta da questi forni veniva usata nell’edilizia come componente legante di malte, intonaci e affreschi.
In agricoltura veniva utilizzata per il trattamento del terreno e degli alberi da frutta; nell’allevamento per la disinfezione di stalle, pollai e porcili; nell’industria del pellame per la concia. Solitamente i calcinatori erano i contadini che producevano la calce per il proprio fabbisogno o per essere venduta. Le fornaci erano messe in funzione in periodi in cui il lavoro agricolo era ridotto.
La calce spenta (con una quantità d’acqua che lascia una pasta glutinosa e calda) veniva lasciata stagionare ed utilizzata per intonaci e affreschi. La calce spenta veniva conservata isolata dall’aria in fosse coperte da sabbia o terra.
In Ticino, l’uso di questo legante, è particolarmente importante nel Sottoceneri, dove permetteva di costituire murature stabili a partire da materiali diversi quali pietre calcaree, ciottoli o mattoni. La calce forniva anche un buon intonaco per le pareti esterne o interne, in particolare della cucina e delle camere da letto, consentendo una migliore isolazione dei locali. La muratura in malta, associata all’imbiancatura con la calce stemperata in acqua, rappresentava inoltre buona base per gli affreschi o per gli stucchi.
La storia
L’origine della manifattura della calce è cosa incerta. Quando questa pratica, scaturita dalla casualità della scoperta, abbia avuto inizio, non lo si può stabilire, né si può stabilire quando i preistorici ebbero coscienza dei fenomeni che si accompagnano alla produzione della calce.
Si ritiene comunque che quasi tutti i popoli civili, come gli Egiziani, i Cinesi, i Maya oltre ai Fenici, ai Greci ed ai Romani, abbiano conosciuto la tecnica della cottura della calce ed il suo impiego. Dalla Mesopotamia la conoscenza della fabbricazione della calce si diffuse rapidamente nel Vicino Oriente. Nella costruzione di Troia e di Micene si impiegò una malta di calce. Nell’Antico Testamento già si descrivono i tinteggi degli edifici con scialbi di calce.
All’epoca dei Romani, la professione del fornaciaio da calce era molto considerata: lo testimonia la designazione di “Magister Calcariarum” ritrovata su diverse steli votive portate alla luce durante scavi archeologici.
Le più alte temperature raggiungibili, i nuovi forni e con nuovi combustibili, aprirono la strada ad una nuova cultura. Con il brevetto 5022, del 1824, che presenta al mondo del costruire il nuovissimo legante Portland, inizia a scomparire la figura del Magister Calcariarum e con esso pure l’attività legata ai forni della calce. Non si hanno notizie di quando questa attività sia stata abbandonata nella nostra regione.
Le fonti, per andare oltre:
- https://www.castellocultura.ch/luoghi_di_interesse/forno-per-la-calce-calchera/
- http://www.museodelmalcantone.ch/index.php/il-museo/parole-chiave/fornaci-da-calce
- https://www.curzutt.ch/wp-content/uploads/come-si-fa-calce.pdf
- http://www.archeotaccu.it/Forni.htm
- https://www.quaderniquarneti.it/quaderno-2/i-leganti.html